Capitolo Primo: Il Carnevale
Venezia, 20 febbraio 2025. Il sole era ormai un ricordo lontano, inghiottito dalle acque scure dei canali. Le sei di sera segnavano l’inizio di una notte che avrebbe cambiato tutto. La città, avvolta nelle sue maschere e nei suoi misteri, respirava l’aria frizzante del Carnevale. Piazza San Marco era un turbinio di luci, colori e risate, ma nelle calli più strette, lontano dalla folla, l’oscurità regnava sovrana.
Un uomo correva. Il suo respiro affannoso si confondeva con il suono dei suoi passi che risuonavano sui selciati umidi. Aveva il volto pallido, gli occhi spalancati dalla paura. Si voltava continuamente, come se temesse che qualcosa, o qualcuno, lo stesse già raggiungendo. Le sue mani stringevano un piccolo oggetto, avvolto in un panno scuro, come se fosse la sua unica ancora di salvezza.
Le calli si intrecciavano come un labirinto, ma lui sembrava conoscere ogni svolta, ogni ponte, ogni angolo nascosto. Eppure, non bastava. Lo sentiva. Lo sentivano. I suoi inseguitori erano vicini, troppo vicini.
All’improvviso, si fermò. Davanti a lui, tre figure emersero dall’ombra. Erano vestiti di nero, come fantasmi usciti da un incubo. I loro volti erano nascosti da maschere veneziane, ma gli occhi che vi brillavano dietro erano freddi, implacabili. Uno di loro fece un passo avanti, aveva la voce bassa e minacciosa.
Non puoi scappare, disse, con un tono che non ammetteva repliche. Hai qualcosa che ci appartiene.
Il giovane uomo indietreggiò, ma si accorse troppo tardi di essere circondato. La sua mano stringeva ancora l’oggetto, come se potesse proteggerlo. Non ce l’ho più, sussurrò con la voce rotta dalla paura. L’ho dato a qualcun altro. È già lontano.
Gli uomini in nero si scambiarono un’occhiata. Non c’era bisogno di parole. Uno di loro estrasse una pistola con il metallo lucido che brillava alla fioca luce di un lampione. Il giovane chiuse gli occhi con un singhiozzo strozzato nella gola. Non ci fu tempo per pregare, né per urlare.
Lo sparo fu soffocato dal rumore di una barca che passava in un canale vicino. Il corpo del giovane crollò a terra. Il panno scuro si aprì, rivelando un piccolo medaglione d’oro. Gli uomini in nero lo raccolsero, senza fretta, come se nulla fosse accaduto. Si guardarono intorno, sicuri che nessuno avesse sentito. La città continuava a festeggiare, ignara.
Nel panno c’era anche una piccola scatola. La raccolsero e uno di loro disse: Non è quello che cercavamo, ma sembra importante. Andiamo, ora.
Si scambiarono un’occhiata rapida, poi si allontanarono, scomparendo nelle ombre della città come fantasmi. La piccola scatola, ora nelle loro mani, sembrava innocua, ma qualcosa nel suo aspetto suggeriva che nascondesse un segreto. Un segreto che, forse, avrebbe cambiato tutto.
Capitolo Secondo: L’Incontro nella Folla
Roberto si trovava nel cuore di Piazza San Marco, circondato da un’esplosione di colori, suoni e maschere. Era come se tutto il mondo si fosse radunato lì, in quel preciso momento, per celebrare la magia del Carnevale di Venezia. Lui, argentino di nascita ma con l’anima di un viaggiatore, aveva sempre sognato di visitare questa città. E ora che era lì, si sentiva come se stesse vivendo un sogno.
Che ne pensi, Roberto? chiese Alessio, il suo amico italiano, mentre aggiustava il suo cappello a tricorno, perfettamente in tema con il suo costume settecentesco. Alessio era un appassionato d’arte, e ogni suo gesto sembrava ispirato dai grandi maestri del passato.
Mi piace moltissimo, rispose Roberto, con un sorriso che gli illuminava il volto. Grazie mille per l’invito. Non avrei potuto chiedere di meglio.
Laura, l’altra amica, si sistemò la maschera sul viso. Era una moretta, una maschera veneziana tradizionale di velluto nero, che le donava un’aria misteriosa ed elegante. Venezia è un museo a cielo aperto, disse, con un tono di voce che tradiva la sua passione per l’arte. Ogni angolo, ogni canale, racconta una storia. E il Carnevale è il momento in cui tutte queste storie prendono vita.
Roberto annuì, ammirando la piazza illuminata. È incredibile, mormorò. Non credevo che potesse essere così… magico.
Alessio e Laura si scambiarono un’occhiata complice. Beh, noi andiamo a prendere qualcosa da bere, disse Alessio, indicando un chiosco poco distante. Tu resti qui, Roberto? Non vogliamo che ti perda nella folla.
Non preoccupatevi, rispose Roberto, con un gesto rassicurante. Mi fermo qui a godermi la vista. Ci vediamo tra poco.
I due amici si allontanarono, lasciandolo solo in mezzo alla folla danzante. Roberto si guardò intorno, cercando di assorbire ogni dettaglio. Le maschere, i costumi, le luci… tutto sembrava uscito da un dipinto. Ma fu allora che la vide.
Era una ragazza. Indossava un vestito veneziano di seta blu notte, ricamato con fili d’argento che brillavano come stelle. La gonna era ampia, con volants che ondeggiavano ad ogni suo movimento, mentre il corpetto era stretto, decorato con perle e pizzi. La sua maschera era una bautta, bianca e dorata, con un lungo naso affilato che le conferiva un’aria enigmatica. Dietro la maschera, Roberto intravide una chioma di capelli neri come l’ebano e occhi azzurri che sembravano guardare dritto nell’anima.
La ragazza si muoveva con grazia, come se danzasse su una musica che solo lei poteva sentire. Roberto sentì un brivido corrergli lungo la schiena. Non sapeva perché, ma sentiva che doveva seguirla. Era come se una forza invisibile lo stesse spingendo verso di lei.
Scusa, mormorò, scostando gentilmente alcune persone per avvicinarsi. La folla era fitta, ma lui riusciva a tenerla d’occhio. Ogni volta che pensava di averla persa, la vedeva riapparire, come un fantasma che giocava con lui.
Aspetta! chiamò, ma la sua voce si perse nel rumore della festa. La ragazza si voltò per un attimo. I suoi occhi azzurri lo fissarono attraverso la maschera. Poi, con un gesto rapido, si infilò in una calle laterale.
Roberto non esitò. La seguì. Il cuore gli batteva forte nel petto. La calle era stretta e buia, illuminata solo da qualche lanterna appesa ai muri. La ragazza sembrava svanire e riapparire, come un’illusione. Ma lui non si arrese. Sentiva che c’era qualcosa di importante in quell’incontro, qualcosa che non poteva lasciarsi sfuggire.
Chi sei? Pensava come se lei potesse sentirlo mentre continuava a seguirla. Perché mi stai portando qui?
La ragazza non rispose. Si fermò davanti a un portone di legno antico, decorato con intagli che sembravano raccontare storie dimenticate. Si voltò verso di lui. I suoi occhi azzurri brillavano nella penombra. Poi, con un gesto lento e deliberato, sollevò la maschera, rivelando un sorriso enigmatico.
Sei sicuro di voler sapere? chiese, con una voce che sembrava provenire da un altro mondo.
Roberto rimase senza parole. Non sapeva cosa stesse succedendo, ma una cosa era certa: la sua vita non sarebbe stata più la stessa.
Roberto era ancora lì, immobile, davanti al portone di legno antico. La donna misteriosa era svanita, come se non fosse mai esistita. Il suo sorriso enigmatico, i suoi occhi azzurri, il vestito blu notte che brillava come il cielo stellato… tutto era sparito nel nulla. Eppure, Roberto sapeva di non aver immaginato nulla. Lei era stata lì, reale, tangibile. E ora non c’era più.
Roberto! una voce familiare lo strappò dai suoi pensieri. Si voltò e vide Alessio e Laura che si avvicinavano, con due bicchieri di vino in mano e un’espressione preoccupata sul volto.
Dove sei sparito? chiese Laura, guardandosi intorno. Ti abbiamo cercato dappertutto!
Roberto aprì la bocca per rispondere, ma le parole gli si bloccarono in gola. Come poteva spiegare quello che era appena successo? Come poteva descrivere una donna che sembrava uscita da un sogno, e che era svanita nel nulla?
Ho… ho visto una ragazza, disse finalmente, cercando di mettere ordine nei suoi pensieri. Era bellissima. Indossava un vestito veneziano, blu con ricami d’argento, e una maschera bianca e dorata. Mi ha portato qui, ma poi è sparita.
Alessio e Laura si scambiarono un’occhiata, perplessa. Una ragazza? chiese Alessio, alzando un sopracciglio. Roberto, questa è Venezia. Ci sono centinaia di persone in maschera. Sei sicuro di non esserti confuso?
No, non mi sono confuso, insistette Roberto, con un tono più deciso. Lei era diversa. C’era qualcosa di… magico in lei.
Laura posò una mano sulla sua spalla, con un’espressione comprensiva. Forse è stata solo la magia del Carnevale, Roberto. Questa città ha un modo di giocare con la mente. Ti fa vedere cose che non ci sono, ti fa credere in storie che non esistono.
Roberto scosse la testa, ma non insistette. Sapeva che i suoi amici non avrebbero capito. E forse, in fondo, nemmeno lui capiva. Ma una cosa era certa: quell’incontro non era stato un caso. C’era qualcosa di più, qualcosa che andava oltre la logica e la ragione.
Forse hai ragione, disse, guardando di nuovo il portone di legno. Forse è stato solo il Carnevale e la mia immaginazione…
Ma dentro di sé, sapeva che non era vero. La donna misteriosa era reale. E prima o poi, l’avrebbe trovata di nuovo.
Andiamo, disse Alessio, passandogli un bicchiere di vino. Non possiamo perdere il resto della festa. Ci sono ancora tante cose da vedere.
Roberto annuì, seguendo i suoi amici verso la piazza illuminata. Ma mentre si allontanava, si voltò un’ultima volta verso il portone. La calle era deserta, silenziosa. Non c’era traccia della donna, né del suo vestito blu notte, né della sua maschera dorata.
Eppure, Roberto sentiva che lei era ancora lì, da qualche parte, nascosta nell’ombra. E sapeva che il loro incontro non era finito. Era solo l’inizio.
Capitolo Terzo: La Teoria delle Acque
La gondola scivolava silenziosamente lungo il Canal Grande, il suo movimento leggero cullato dalle acque scure che riflettevano le luci della città. Alessio, Laura e Roberto erano seduti uno di fronte all’altro, avvolti in coperte di lana per proteggersi dal freddo della sera. Il gondoliere, in piedi a poppa, manovrava con maestria, guidando l’imbarcazione tra i palazzi secolari che si affacciavano sul canale.
Allora, Roberto, disse Alessio, rompendo il silenzio. Hai detto che sei qui per una ragione precisa, non solo per il Carnevale. Vuoi spiegarci meglio?
Roberto sorrise, guardando l’acqua che scorreva sotto di loro. Aveva aspettato il momento giusto per parlare della sua teoria, e ora sembrava arrivato. Sì, cominciò, con un tono di voce che tradiva la sua passione. Venezia non è solo una città che ho sempre sognato di visitare. Per me, è anche la chiave per dimostrare una teoria che ho sviluppato negli ultimi anni.
Laura lo guardò con curiosità e i suoi occhi brillavano alla luce delle lanterne. Una teoria? Di che si tratta?
Roberto fece un respiro profondo, come per prepararsi a un discorso importante. Secondo me, il mondo ha vissuto una catastrofe globale, molto tempo fa. Un evento che ha provocato un aumento significativo dei livelli degli oceani. Questo ha fatto sì che molte città, un tempo costruite sulla terraferma, siano state sommerse. Venezia, secondo la mia teoria, è una di queste.
Davvero? Disse Alessio alzando un sopracciglio, visibilmente sorpreso. Aspetta, stai dicendo che Venezia non è stata costruita sull’acqua fin dall’inizio?
Esatto, confermò Roberto, con un cenno del capo. Tutti pensano che Venezia sia stata costruita su palafitte, su isole artificiali, ma io credo che in realtà fosse una città normale, costruita sulla terraferma. Poi, a causa dell’innalzamento dei livelli dell’acqua, è stata sommersa. Quello che vediamo oggi sono solo i piani superiori degli edifici originali.
Laura lo fissò, affascinata. Ma ci sono prove di questo?
Roberto annuì, entusiasta. Ci sono indizi. Per esempio, molti edifici veneziani hanno fondamenta che sembrano troppo profonde per essere state costruite sull’acqua. E poi ci sono i racconti storici, che parlano di una città molto diversa da quella che conosciamo oggi. Venezia, per me, è il luogo perfetto per dimostrare questa teoria. Qui, l’acqua è ovunque, ma se guardi bene, puoi vedere le tracce di un passato sommerso.
Alessio si strofinò il mento, pensieroso. È una teoria affascinante, ma anche molto controversa. Non pensi che sia difficile convincere gli studiosi?
Certo, ammise Roberto. Ma ogni grande scoperta è iniziata con una teoria che sembrava impossibile. E io credo che Venezia sia la chiave per capire cosa è successo davvero al nostro pianeta.
Mentre parlava, la gondola passò accanto a un’altra imbarcazione. Roberto distolse lo sguardo dall’acqua e vide, con un sussulto, la donna degli occhi azzurri. Era seduta nella gondola accanto. Il suo vestito blu notte brillava sotto la luce delle lanterne. La sua maschera era sollevata, e i suoi occhi azzurri lo fissarono per un attimo, come se lo stessero mettendo alla prova.
Roberto si interruppe a metà frase. Il cuore gli batteva forte nel petto. Lei… disse, indicando la gondola che si allontanava.
Alessio e Laura si voltarono, seguendo il suo sguardo. Chi? chiese Laura, ma poi vide la donna e capì. Oh… sussurrò, con un sorriso. È lei, vero? Quella di cui ci hai parlato?
Roberto annuì, senza distogliere lo sguardo. Sì, è lei.
Alessio fischiò piano. Beh, devo ammettere che è davvero bella. Hai ragione, Roberto. C’è qualcosa di speciale in lei.
La gondola della donna si allontanò, scomparendo tra le ombre del canale. Roberto rimase in silenzio, il suo sguardo fisso sul punto in cui era svanita. Sentiva che quell’incontro non era casuale. La donna degli occhi azzurri era legata a Venezia, alla sua teoria, a tutto.
Roberto, disse Laura, con un tono gentile. Forse dovresti seguirla. Non so perché, ma ho la sensazione che lei abbia qualcosa da dirti.
Roberto annuì con vigore, ancora senza parlare. Sapeva che Laura aveva ragione. La donna degli occhi azzurri non era solo una figura misteriosa. Era una chiave, un enigma che doveva risolvere. E Venezia, con i suoi segreti sommersi, era il luogo perfetto per farlo.
Capitolo Quarto: Il Ballo dei Misteri
Alessio e Laura partirono per Firenze all’alba, lasciando Roberto solo a Venezia. Ci vediamo tra un paio di giorni, disse Alessio, stringendogli la mano. Fai attenzione, e non perderti troppo nelle tue ricerche.
Laura lo abbracciò, con un sorriso affettuoso. E se incontri di nuovo quella donna degli occhi azzurri, fatti coraggio. Chissà, potrebbe essere la chiave per la tua teoria.
Roberto annuì, ringraziandoli per l’ospitalità e i consigli. Una volta che i suoi amici furono partiti, si sentì stranamente libero, come se la città ora gli appartenesse completamente. Con la sua macchina fotografica al collo, iniziò a esplorare Venezia con occhi nuovi, cercando prove per la sua teoria.
Scattò fotografie dappertutto: ai canali, ai palazzi, alle fondamenta sommerse, ai dettagli architettonici che sembravano raccontare storie antiche. Ogni angolo della città gli sembrava un indizio, un pezzo di un puzzle che stava lentamente ricomponendo. Ma più camminava, più aveva la sensazione di non essere solo. Qualcuno lo seguiva. Lo sentiva negli sguardi furtivi, nei passi leggeri che risuonavano dietro di lui, nelle ombre che sembravano muoversi quando lui si voltava.
La sera scese su Venezia, e il Carnevale riprese vita. Roberto si trovò in una piazza affollata, circondato da maschere e costumi che danzavano al ritmo di una musica lontana. Era lì, in mezzo alla folla, che sentì una voce dietro di lui. Una voce dolce, melodiosa, che sembrava provenire da un altro mondo.
Balla con me.
Si voltò di scatto, e lì, davanti a lui, c’era lei. La donna degli occhi azzurri. Indossava ancora il vestito blu notte, con i ricami d’argento che brillavano sotto la luce delle lanterne. La sua maschera era sollevata, e i suoi occhi lo fissavano con un’intensità che lo lasciò senza fiato.
Io… non so ballare, biascicò Roberto, sentendosi improvvisamente goffo.
Ma la donna sorrise. Avevaun sorriso che sembrava promettere magia. Non importa. Lascia che la musica ti guidi.
E così, senza sapere come, Roberto si trovò tra le sue braccia. La musica sembrava avvolgerli, come se il mondo intorno a loro si fosse fermato. Lui, che non aveva mai ballato in vita sua, si muoveva con una grazia che non sapeva di possedere. Era come se lei lo stesse guidando, non solo nel ballo, ma in un viaggio attraverso il tempo e lo spazio.
Come ti chiami? chiese la donna, mentre ruotavano insieme sotto le stelle.
Roberto, rispose lui, sentendo il cuore battergli forte nel petto. E tu?
Lei sorrise di nuovo, con un’aria misteriosa. È un segreto. Ma puoi cercare di indovinare il mio nome.
Roberto la fissò, cercando di leggere qualcosa nei suoi occhi azzurri. Non so da dove cominciare, ammise. Ma so che c’è qualcosa di speciale in te. Qualcosa che va oltre Venezia, oltre il Carnevale.
La donna non rispose, ma continuò a ballare, guidandolo attraverso la piazza. La folla sembrava aprirsi davanti a loro, come se riconoscesse che quella danza era qualcosa di unico, di magico.
Ballarono fino a mezzanotte, quando le campane della città iniziarono a suonare. La donna si fermò, i suoi occhi che brillavano di una luce intensa. È ora che io vada, disse, con un tono di voce che sembrava quasi triste. Come se fosse Cenerentola dopo aver ballato con il principe.
Aspetta, disse Roberto, sentendo un’improvvisa urgenza. Non posso perderti di nuovo. Chi sei? Perché sei qui?
Lei gli posò una mano sulla guancia con un gesto delicato che lo lasciò senza parole. Forse un giorno lo scoprirai, sussurrò. Ma per ora, sappi che Venezia ha molti segreti. E tu sei più vicino di quanto pensi a scoprirli.
Poi, con un movimento rapido, si allontanò, fondendosi con la folla. Roberto rimase lì, immobile, il cuore che batteva forte nel petto. Sapeva che quell’incontro non era stato casuale. La donna degli occhi azzurri era legata a Venezia, alla sua teoria, a tutto.
E ora, più che mai, era determinato a scoprire la verità.
Roberto la fissò, il cuore gli batteva forte nel petto. C’era qualcosa in quell’attimo, qualcosa che lo spingeva a parlare, a rischiare. Ti chiami… Natalia! disse, con una sicurezza che nemmeno lui sapeva di avere.
La donna si fermò, i suoi occhi azzurri che si spalancarono per un attimo. Poi, un sorriso lento e affascinante le illuminò il volto. L’hai indovinato! esclamò, con un tono di voce che tradiva una genuina sorpresa. Ma come?
Roberto sorrise, sentendo un’ondata di orgoglio mescolata a curiosità. Non lo so, ammise. Forse è stato un presentimento. O forse… qualcosa nei tuoi occhi mi ha sussurrato il tuo nome.
Natalia lo guardò per un momento, come se stesse cercando di decifrarlo. Poi, con un gesto elegante, si voltò verso una gondola che era ormeggiata poco distante. Devo andare, disse, salendo sull’imbarcazione con una grazia innata. La sua gondole era particolare. Roberto non era sicuro d’aver visto il gondoliere.
Roberto rimase lì, immobile, mentre la gondola si muoveva sull’acqua scura. Natalia si voltò verso di lui, i suoi occhi azzurri brillavano alla luce delle lanterne. Lo guardò con uno sguardo indimenticabile, un po’ di mistero e promessa, come se stesse dicendo: “Non è ancora finita.”
Natalia! chiamò Roberto, sentendo un’improvvisa urgenza. Ti rivedrò?
Lei non rispose, ma il suo sorriso enigmatico fu più che sufficiente. La gondola si allontanò sempre di più, fino a scomparire tra le ombre del canale. Roberto rimase lì con il cuore pieno di domande e di una strana sensazione di attesa.
Sapeva che quell’incontro non era stato casuale. Natalia era legata a Venezia, ai suoi segreti, alla sua teoria. E ora, più che mai, era determinato a scoprire la verità.
Capitolo Quinto: Il Segreto dei Simboli
Roberto tornò al suo appartamento affittato, situato in un palazzo antico con una vista privilegiata sul Ponte dei Sospiri. La finestra del salotto si apriva su uno scorcio unico: il ponte, illuminato dalle luci notturne, sembrava sospeso tra cielo e acqua, mentre le gondole scivolavano silenziose sotto di esso. Era uno spettacolo che, in altre circostanze, lo avrebbe riempito di meraviglia. Ma quella notte, la sua mente era altrove.
Seduto al tavolo, accese il computer e iniziò a caricare le fotografie che aveva scattato durante il giorno. Le immagini si susseguivano sullo schermo: dettagli di muri, sculture, bassorilievi e simboli nascosti tra le pietre di Venezia. Più le osservava, più si convinceva che quei simboli non erano casuali. Erano parte di un puzzle, un messaggio lasciato da qualcuno, o forse da qualcosa, molto tempo fa.
Tre simboli in particolare attirarono la sua attenzione. Il primo era un labirinto, inciso su una pietra vicino a un canale secondario. Il secondo, un occhio stilizzato, che sembrava guardare da un angolo di un palazzo abbandonato. Il terzo, una stella a sette punte, scolpita su un architrave di una chiesa sconsacrata. Roberto iniziò a tracciare connessioni tra di loro, cercando di capire se fossero parte di una mappa o di un codice.
Devono essere collegati, mormorò, disegnando su un foglio le posizioni dei simboli. Ma come?
Mentre era immerso nei suoi pensieri, un rumore improvviso lo fece sobbalzare. Era un sparo, nitido e secco, che echeggiò nella notte silenziosa. Roberto si alzò di scatto, il cuore gli batteva fortemente. A quell’ora, la città era quasi deserta, e il suono sembrava provenire dal cortile interno del palazzo.
Si affacciò alla finestra, ma non vide nulla. Senza pensarci due volte, prese il telefono e scese le scale di corsa. Nel cortile, illuminato solo da una lanterna tremolante, trovò il corpo di un uomo anziano, riverso a terra. Il sangue si stava già espandendo in una pozza scura sotto di lui.
Roberto rimase paralizzato per un attimo, poi reagì. Chiamò immediatamente la polizia, cercando di mantenere la calma. C’è stato un omicidio, disse, con voce tremante. Venite subito.
La polizia arrivò in pochi minuti, ma l’atmosfera si fece subito tesa. Il commissario, un uomo alto e severo con uno sguardo che non prometteva nulla di buono, si avvicinò a Roberto con fare sospettoso. Lei è stato il primo a trovare il corpo? chiese, senza preamboli.
Sì, rispose Roberto, cercando di spiegare. Ho sentito uno sparo e sono sceso per vedere cosa fosse successo.
Il commissario lo fissò, come se stesse cercando di leggergli nella mente. E cosa ci fa lei qui, a quest’ora della notte?
Vivo qui, disse Roberto, indicando l’appartamento. Stavo lavorando alle mie ricerche quando ho sentito il colpo.
Ma il commissario non sembrava convinto. Lei è straniero, vero? Argentino? E cosa sta cercando esattamente a Venezia?
Roberto cercò di spiegare la sua teoria, ma il commissario lo interruppe bruscamente. Basta. Lei viene con noi in questura. Abbiamo delle domande da farle.
Prima che potesse protestare, due agenti lo afferrarono per le braccia e lo portarono via. Roberto si sentì impotente, mentre veniva trascinato verso il motoscafo della polizia. La sua mente correva ai simboli, a Natalia, al corpo dell’uomo anziano. Cosa stava succedendo? E perché lui era finito nel mezzo di tutto questo?
Mentre il motoscafo si allontanava, Roberto guardò fuori dal finestrino. Venezia, con i suoi canali e le sue ombre, sembrava più misteriosa che mai. E lui, ora più che mai, era determinato a scoprire la verità.
Capitolo Sesto: La Loggia
In una sala segreta, nascosta nel cuore di Venezia, un gruppo di uomini vestiti di nero era riunito attorno a un tavolo di legno antico. Le pareti erano ricoperte di libri polverosi e mappe ingiallite, mentre una sola candela illuminava i loro volti severi. Parlavano in veneziano, con voci basse e preoccupate.
Ultimamente, i piani della loggia non funzionano, disse uno di loro, un uomo magro con gli occhi penetranti. Qualcosa sta andando storto.
I piani no i xe più come prima, tradusse un altro, con un tono più concitato. Ghe xe troppi curiosi in giro. E sta donna fantasma… no la riusimo a ciapàr. (I piani non vanno più come prima. Ci sono troppi curiosi in giro. E questa donna fantasma… non riusciamo a prenderla.)
Il capo, un uomo imponente con una cicatrice che gli attraversava la guancia, sbatté un pugno sul tavolo. Basta co ste scuse! urlò, con voce roca. La mappa xe fondamentale. Se no la trovemo, tuto va in malora. (Basta con queste scuse! La mappa è fondamentale. Se non la troviamo, tutto va in malora.)
Uno degli uomini, più giovane e nervoso, si schiarì la voce. E se la mappa no xe co lu? Se l’ultimo scienziato no la ga più? (E se la mappa non è con lui? Se l’ultimo scienziato non ce l’ha più?)
Il capo lo fissò con uno sguardo che avrebbe potuto ghiacciare il sangue. Allora lo uccidemo. Ma prima, lo trovemo. E lo faciamo parlare. (Allora lo uccidiamo. Ma prima, lo troviamo. E lo facciamo parlare.)
Бесплатный фрагмент закончился.
Купите книгу, чтобы продолжить чтение.